L’alba al Colle di San Zeno

Esiste un piacere particolare nel fotografare all’alba. Alzarsi prima di tutti, alle tre o alle quattro, essere tra i pochi svegli l’unico che lo sta facendo per un piacere personale e non per levatacce lavorative. L’odore di caffè, buttato giù alla buona e senza voglia, caricare l’attrezzatura in auto trepidante e tremante un poco per la gioia e un poco per il freddo.

Lungo la strada deserta solo poche vetture e ogni pochi secondi uno sguardo al cielo: come sarà? Limpido e sereno? Nuvoloso? Il freddo è pungente ed arrivo in cima al colle con un vento terrificante. Giù in basso la Valtrompia si sta svegliando lentamente immersa in una nebbia densa e fitta. Il cielo si presenta cupo e in cuor mio spero che uno spiraglio di luce possa filtrare tra i nuvoloni. La notte cela ancora ogni cosa e stento ad indovinare i profili dei monti all’orizzonte, cosa che complica notevolmente le inquadrature. Ho abbandonato la pellicola per questa uscita ed al mio fianco la fidata Nikon D300 con Sigma10-20 e Nikkor 50 mm f1:4, ottimo quando si cerca un campo più stretto, ma non troppo. Un polarizzatore completa il kit, giusto perché non si sa mai, e il fidato, massivo e indistruttibile Manfrotto 055XPROB con testa a sfera idraulica.

Il cielo finalmente si apre un poco: tra le coltri scure scure la luce filtra assumendo un colore porpora e violaceo che invade la scena mentre tutta la vallata è annegata tra le nebbie di fine Ottobre.

Una situazione surreale mi si para davanti: l’oscurità a fondo valle e il cielo che pian piano si rischiara. E il vento che incessantemente soffia. La luce illumina prati di erica ormai quasi sfiorita inondandoli di colore, quel colore che hanno perso nell’autunno.

Il vento batte forte sulla giacca e su tutta l’attrezzatura ma il Manfrotto col suo peso da colosso non si muove. Le nuvole invece si: la situazione di illuminazione della scena cambia in frazioni di minuto. La scena si presenta a volte più chiara e a volte più cupa cosa che mi complica non poco la situazione considerando i tempi di scatto che sono prossimi ai venti secondi.

Così senza quasi accorgermene il giorno irrompe. Una situazione anche in questo caso stranissima: è chiaro che siamo al di sopra della nebbia di fondo valle, che persiste strenuamente al vento,  tuttavia metà scena risulta illuminata e metà ancora immersa nel falso crepuscolo imposto dalle nuvole all’orizzonte. Gli scatti appena riescono a descrivere la situazione. Fortunatamente ora c’è abbastanza chiaro per ricercare alcuni elementi di interesse al primo piano e il sole ancora basso basso ad est proietta un alone violaceo attraverso le nuvole e sulla nebbia.

Non posso che insistere nel tentare di registrare questo stranissimo fenomeno, che aumenta col diradarsi delle nuvole, sapendo che la capacità della macchina è limitata e solo marginalmente riuscirà a mostrare lo straordinario contrasto di un mondo diviso a metà tra la luce e il buio.

Ancora è presto tutto sommato ma il freddo mi è entrato negli abiti fino alle ossa e soddisfatto dei pochi scatti decido di rientrare a casa. Intanto scendendo a valle la vita e ripresa nel suo via vai e cianciare quotidiano ignara della magia accaduta al colle di San Zeno. Io unico testimone, quasi mi gongolo rinfrancato dal riscaldamento dell’auto.

Amo la fotografia, amo il fatto che possa essere testimone, che possa mostrare, che possa rendere condivisibile a tutti situazioni straordinarie vissute da un singolo, amo il suo essere trasversale. Amo il suo essere spesso ambigua, penzolante tra il soggettivo e l’oggettivo. E adoro alzarmi presto ed osservare l’alba, che a volte tradisce e a volte regala scorci unici. Chissà dove sarà la prossima volta che scatterò l’albeggiare?