Molveno: Quello Che Importa Non E’ Impresso Sulle Pellicole

Ho pensato a lungo su come impostare questo articolo: una documento di viaggio, un analisi tecnica di un esperienza fotografica oppure una semplice lista di foto correlate da descrizione. Nulla mi soddisfava e nulla mi soddisfa tuttora.
Tutto ciò perchè credo di avere appreso la più grande lezione di fotografia che nessun corso o grande maestro potrebbe mai insegnare in teoria: la fotografia non conta nulla.
Noi fotografi, quantd’anche amatori, siamo simili ai cacciatori in agguato alla ricerca dello “scatto” della “luce” delle “nuvole al punto giusto”, sempre tesi al risultato: pianifichiamo, scegliamo le attrezzature, il periodo, l’ora e una miriade di altri parametri. E nel fare questo siamo concentrati come un centometrista ai blocchi di partenza. Non serve a nulla: riguardo le foto, per quanto mi piacciono, per quanto le senta mie e le abbia pensate e desiderate capisco quanto siano solo piacevoli simulacri di un esperienza. Ecco, l’esperienza conta, quello che rimane non è impresso sull’alogenuro d’argento o sui tecnologici sensori, quello che resta sta altrove, sta tra le cose che contano davvero non tra gli hard discks e gli schedari. Rimane nei respiri affannati sui prati d’altura, negli schizzi di un lago affollato o nello strusciare dell’erba rugiadosa passeggiando a fondo valle. Rimangono le risate, gli sguardi di intesa, più ricchi di migliaia di parole, i sapori, lo scrosciare della pioggia battente sugli impermeabili e le fresche passeggiate serali dopo la pioggia.

Tutto questo e molto ancora è stata la mia tre giorni fotografica tra la Val di Ledro, Lago di Tenno e Molveno. Con me la sgangherata Yashica 108 e tre pellicole Ilford FP4 125 ISO.
Prima tappa Biotopo d’Ampola, un piccolissimo specchio d’acqua incastonato nella bassa Val di Ledro: la breve passeggiata attorno al lago e nel limitrofo bosco svela uno straordinario ecosistema che presenta caratteristiche tipiche e specifiche. Gestire la luce che penetra nel sottobosco non è semplicissimo ma da queste “lame luminose” si possono spesso ricavare scatti interessanti, soprattutto confidando nella straordinaria capacità della pellicola bianconero nel fornire ampie latitudini di posa.

Abbiamo trovato il lago ricco di ninfee galleggianti, un effetto straordinario, soprattutto nel contrasto tra le chiarissime foglie e il verde scurissimo del limaccioso lago.

Lasciata la Val di Ledro ci spostiamo verso l’affollatissimo lago di Tenno. Questo lago, incastonato nei monti dell’alto Garda, è nato in seguito all’ostruzione, dovuta ad una frana, di un piccolo fiume montano. Nelle giornate calde e afose diviene meta ambita di una moltitudine di turisti in cerca di ristoro e non è semplice trovare scorci per una fotografia paesaggistica di ampio respiro. Poco male ci si concentra sui dettagli e sui contrasti estremi che la luce di mezzogiorno aiuta ad enfatizzare.

Prossima meta Molveno.
La mattina ci sorprende con un fortissimo temporale montano che scombina i piani di ascesa al Pradel: per gran parte della mattinata una pioggia battente ci trattiene in albergo. Poco male, ci godiamo pigramente la pioggia che scroscia fuori. Poi, in tarda mattinata la pioggia battente lascia spazio a nuvole basse, cariche di umidità che saettano tra le cime che incoronano il lago. Usciamo per una passeggiata rilassata; tento qualche scatto col teleobiettivo ma la luce è terribilmente scarsa e la pellicola ISO125 certo non aiuta ad utilizzare tempi di sicurezza, scatto comunque, in ottica documentaristica, con tempi tra il trentesimo e il quindicesimo di secondo, il risultati non sono un gran che in termini di nitidezza ma l’atmosfera della condizione rimane registrata, forse enfatizzata dal basso dettaglio dello scatto.

Intorno al lago il temporale ha fatto accumulare detriti sulle linee di bagnasciuga della spiaggia, tentiamo ancora qualche scatto sulla riva ciottolosa proprio rima di accorgerci che un timido sole fa capolino tra le nuvole e che l’ora di pranzo è ormai giunta.

Che si fa? Rischiamo, il tempo non è un gran che nonostante lo spiraglio di luce ma decidiamo di salire all’altopiano del Pradel sfruttando però la comoda funivia: un panino veloce con lo speck (vale la pena citarlo in quanto è stato il fil rouge culinario di questa tre giorni) e via su su a svettare tra le cime dei pini e degli abeti. Giunti in località Pradel le nuvole basse fanno ancora più impressione. Risuona nella testa l’incipit della poesia di Alda Merini magistralmente ripresa da Fabrizio De Andrè:

“Vanno vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano sono nere come il corvo.”

Ci sfiorano, vaporose passano sulle cime degli abeti e si scontrano sui gruppi rocciosi più su oltre il pianoro del Pradel. Quasi soli, in una atmosfera surreale passeggiamo, non parliamo molto quasi i nostri pensieri siano assorbiti dalle nuvole spumose.

La tranquilla e sospesa atmosfera viene rotta soltanto dallo scampanellare di qualche mucca che pascola liberamente nei pascoli antistanti una maga. La malga stessa sembra li li per essere inghiottita dalle nuvole.

Ci concediamo una passeggiata nel sottobosco umido, il dolce profumo di montagna, ci riporta la parola e tra una chiacchiera e l’altra ci accorgiamo che le nuvole da vaporose divengono cumuli scuri e compatti, rombanti e spaventose. Optiamo per una discesa rapida verso valle: nella cabina della funivia, scaraventata a tutta velocità, letteralmente, verso valle le prime gocce di pioggia colano lungo i vetri. Tempo di raggiungere il paese di Molveno e nuovamente il cielo si apre ad una pioggia intensa che ci obbliga a temporeggiare nella struttura antistante l’ingresso della funivia. Al diradarsi della pioggia, imbacuccati negli impermabili, rilassiamo le gambe attorno al lago in attesa della cena.

Il giorno seguente finalmente un sole forte, di primavera, rompe gli indugi del giorno prima. Subito ci portiamo sulla spiaggia ancora poco affollata per fotografare alcuni viste che avevo adocchiato i giorni precedenti ma che, vuoi per la luce vuoi per l’affollamento non erano possibili. Rocce e ciottoli brillano nella luce bassa del mattino e la mancanza di persone aiuta nel posizionare elementi compostitivi in modo strutturato, senza scendere a compromessi con gli ombrelloni o i lettini.

E’ tempo di rientrare verso la caldissima pianura, tempo per me di chiudere queste quattro righe certo che da questa esperienza ho imparato molto.