Ritorno Alla Lanca Di Acqualunga

Sono passati ben nove lunghi anni dopo quella prima visita alla Palude Luna (Lanca di Acqualunga) nel lontano 2013. Era giunto il momento di tornare per rivivere quell’esperienza che avevo molto apprezzato. Questa volta però no, non la visita non mi ha lasciato una bella sensazione: mancanza di manutenzione e pulizia, piante sradicate come tristi ricordi dalla furia delle tempeste che tre anni fa si sono abbattute sul parco dell’Oglio Nord e le zone limitrofe. E ancora tanta sporcizia con strutture in pesante stato di abbandono, alti arbusti e sentieri non più facilmente praticabili. Tutto questo è ora la Lanca di Acqualunga.

Certo la vita ancora brulica tra gli alti rami e le paludose acque ma il senso di cura è ormai svanito insieme a quel senso di tranquillità e silenzio. Si perché sembra che la palude sia infestata da chiassosi giovanotti più o meno adulti a zonzo con birre alla mano, birre i cui vuoti solo di rado immagino vengano riposti nel capiente bidone all’ingresso.

La palude ha subito un’altra spiacevolissima invasione, quella delle tartarughe palustri americane. Numerose stavano bellamente a crogiolarsi al sole di fine Febbraio su rami e rocce senza che nessuno le impensierisse.

Specie aliena dei nostri stagni la tartaruga palustre americana impoverisce la biodiversità delle nostre paludi compromettendone l’equilibrio naturale in modo talvolta irreversibile.

Passeggiando in questo paradiso perduto in uno straordinario tepore, nonostante siamo in Febbraio, vedo svolacchiare imperturbata una Vanessa dell’ortica che poi si posa su una foglia poco più avanti, approfitto per uno scatto.

Vanessa dell’ortica.

Ancora deluso per il pessimo modo in cui è invecchiata la palude luna mi soffermo dietro i decrepiti pannelli di osservazione per qualche decina di minuti. Con una luce che via via si scaldava per il soggiungere della sera. La pazienza è stata ripagata da scatti di lontanissime folaghe e gallinelle d’acqua.

Gallinella d’acqua.

Alcune gallinelle si dimenavano simpaticamente alle prese col raschiare cibo dai rami semi annegati di alcune piante.

Gallinella d’acqua.

Anche le Folaghe se ne stavano ben distanti senza volerne sapere di portarsi a distanze più consone al mio obiettivo 400 mm impugnato a mano libera.

Folaga.

Folaga nel basso sole della sera.

Del resto ogni tanto gli schiamazzi di alcuni passanti facevano allontanare i volatili non amanti di un cianciare così forte.

Dopo qualche tempo il mio braccio cominciava a chiedere venia per il peso. Avendo imbracciato camera e obbiettivo a mano libera per tutto il tempo anche la mia mano ferma cominciava a cedere il passo ad un tremolio che neppure lo stabilizzatore sarebbe stato in grado di placare. Era tempo di rientrare. Giusto il tempo di un ultimo scatto bianconero che rappresenta appieno il decadente stato della Palude Luna intricata come una selva in balia di se stessa.

Edera a soffocare una pianta.